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Attualmente il 38% degli italiani possiede almeno un oggetto smart in casa: anche se può sembrare una percentuale ancora poco significativa, in questo dato mancano gli assistenti vocali intelligenti (Smart Home speaker), mercato sul quale i grandi operatori Over The Top come Amazon, Google e Apple, stanno puntando notevolmente, partendo dagli Usa.
L’IoT nell’ambito della Smart Home, secondo la ricerca dell’Osservatorio Internet Of Things della School of Management del Politecnico di Milano, rivela un elevato tasso di crescita nel 2017. In Italia si tratta di una crescita del 35% anno su anno con un volume d’affari complessivo pari a 250 milioni di euro.
A fare da traino sono applicazioni IoT pensate per la sicurezza e la protezione, come ad esempio:
La conferma di uno scenario dell’IoT in crescita soprattutto grazie alla Smart Home viene anche da IoT Analytics che nel suo recente rapporto di analisi su 450 piattaforme tecnologiche ne identifica ben il 21% con specializzazione sulle “case intelligenti” con focalizzazione maggiore su automazione (soprattutto di sistemi di riscaldamento ed illuminazione) e controllo e gestione da remoto degli oggetti, in particolare degli elettrodomestici.
Gli oggetti intelligenti in casa stanno trovando sempre più spazio all’interno delle abitazioni. Di seguito alcuni esempi concreti:
Credits: Nebia Shower
Credits: August Smart Lock
Credits: Airmega
Credits: Nest Protect
Credits: Wally
In questo momento, a livello internazionale l’interesse maggiore delle persone si sta spostando su altri sistemi, i cosiddetti Smart Home speaker che in Italia non hanno ancora avuto diffusione ma sui quali vi sono già grandi aspettative sia dai consumatori sia dai rivenditori e da chi sviluppa servizi e applicazioni basate sul riconoscimento vocale. Negli Stati Uniti sono già 35 milioni gli speaker venduti da Amazon e Google, con quote del 55% per Amazon Echo e 45% per Google Home.
Credits: Osservatorio Internet Of Things della School of Management del Politecnico di Milano
L’interesse verso gli Smart Home speaker va letto in ottica Smart Home 2.0: gli “oggetti intelligenti” inseriti oggi all’interno degli ambienti domestici sono sicuramente utili ma risolvono semplici problematiche che riguardano generalmente piccoli gruppi di persone. Affinché l’adozione dell’IoT in casa diventi davvero disruptive è necessario che “l’intelligence” vada oltre al controllo remoto da app e risolva invece problemi quotidiani e reali (ed è questa la “promessa” degli Smart Home speaker).
Attendere l’idraulico per una riparazione può costare ore di lavoro a una persona: consentire all’idraulico di entrare in casa con una chiave temporanea di accesso e fare in modo che il proprietario possa verificare il lavoro da remoto, senza essere presente, magari pagando in real-time in digitale non appena l’idraulico se ne va, risolve problemi quotidiani e concreti.
È chiaro che un approccio simile richiede uno sforzo ben diverso dal dotare oggetti e case di sensori e sistemi di alert: la Smart Home 2.0 richiede un ripensamento totale della casa stessa, intrinsecamente connessa e “intelligente”. Un approccio che richiede una profonda integrazione tra persone, processi e tecnologie: serve quindi re-immaginare come la Smart Home interagisce con i suoi proprietari, gli ospiti, i fornitori di servizi. La Smart Home 2.0 è proattiva e adattiva e fornisce un valore alle persone che deve essere letto come un miglioramento dello stile di vita (senza interromperlo, per esempio).
I numeri internazionali mostrano un’Italia che, sul fronte Smart Home speaker, segue con fatica non solo gli Usa, indubbiamente il mercato primario di riferimento, ma anche altri paesi europei come Germania e Inghilterra che possono contare su un volume di affari già oggi superiore al miliardo di euro.
Uno dei possibili freni potrebbe essere individuato nella mancanza, o per lo meno nella rarità, di servizi legati agli oggetti smart che creano valore ed experience nelle persone. Servizi come la gestione dei dati in cloud o l’invio di notifiche automatizzato, oppure lo sviluppo di add-on alle app di gestione e controllo remoto degli oggetti connessi nella Smart Home.
Come accennato, la Smart Home in sé, considerata oggi come “nicchia” del più ampio mercato IoT, potrebbe in realtà, da sola, generare una serie di ricadute importanti su mercati “paralleli” proprio partendo dal valore per l’utente: basti pensare ai servizi di telecomunicazioni oppure al settore delle assicurazioni. Eppure, in Italia le vendite di assicurazioni, servizi telco e utility legate alla Smart Home sono ancora molto limitate in quanto contribuiscono complessivamente solo per l’8% del mercato.
Il rovescio della medaglia sta nel fatto che c’è ancora un grande potenziale di business, confermato dai numeri che testimoniano l’interesse diretto dei consumatori (il panel preso in esame dall’Osservatorio del Politecnico si basa su campione di 1.000 individui con età compresa tra 18 e 74 anni rappresentativi della popolazione italiana – ndr): il 38% possiede almeno un oggetto connesso in casa propria e ben il 32% ha effettuato l’acquisto nel corso del 2017.
Tuttavia, ciò che stimola maggiormente le persone ad acquistare oggetti e sistemi connessi per la propria casa rappresenta un valore ancora inesplorato. Come accennato, per ora gli smart object risolvono qualche piccolo problema ma non incidono sullo stile di vita delle persone risolvendo problemi più ampi di vita quotidiana. L’idea degli smart meter, ad esempio, è risultata vincente nel nostro paese più come elemento per risparmiare sulla bolletta che come sistema intelligente per la riduzione delle emissioni nocive.
Questo proprio perché mancano servizi “a contorno” che permettano alle persone di percepire un valore superiore ma, soprattutto, di vivere un’esperienza integrata. Cosa cambierebbe se, attraverso l’analisi dei dati degli smart meter, si offrissero servizi, sconti, promozioni, regali ai cittadini più virtuosi che consumano meno o cambiano abitudini di vita per ridurre gli sprechi?
Gli Smart Home speaker devono ancora fare il loro ingresso ufficiale in Italia ma non v’è dubbio che l’interfaccia con cui le persone gestiranno a breve la propria Smart Home sarà la voce. Display touch, smartphone e app continueranno ad avere un ruolo importante ma in futuro si passerà dal “semplice” riconoscimento vocale al più evoluto “context aware” che consente di prevedere, personalizzare e configurare l’utilizzo della casa, dei servizi ad essa connessi, degli oggetti in essa contenuti o con i quali dialoga in base a preferenze ed abitudini personali.
L’Intelligenza Artificiale potrebbe, a tendere, essere proprio quell’elemento disruptive che aprirà la strada della Smart Home 2.0 e che consentirà di superare molte delle barriere all’adozione e alla diffusione dell’IoT e della Smart Home. Come? Da un lato, semplificando (se non addirittura automatizzando del tutto) la gestione dei dispositivi connessi e, dall’altro, migliorando la gestione di prodotti e servizi offerti da aziende diverse, con un’esperienza d’uso più integrata, semplificata e quindi di valore per le persone.
Gli assistenti virtuali, integrati con sistema di riconoscimento vocale e comprensione del linguaggio naturale, saranno i veri elementi su cui modellare la Smart Home con una vista sull’experience delle persone e sul miglioramento delle loro vite.
Pensiamo ad alcuni semplici casi e vediamo come l’intelligenza artificiale integrata negli ambienti domestici potrà davvero rendere smart la casa, soprattutto con l’utilizzo degli Smart Home speaker:
Quello che emerge dagli esempi è che Intelligenza Artificiale e biometria vocale saranno al centro dell’esperienza Smart Home del futuro, anche come sistemi di sicurezza.
Il riconoscimento vocale si presta infatti ad essere un sistema di identificazione biometrica che permette alle persone di autenticarsi in modo semplice e naturale (senza dover digitare alcuna password o doversi ricordare un pin).
Secondo Opus Research, entro il 2020 saranno oltre mezzo miliardo i “timbri vocali” autorizzati attraverso molteplici applicazioni che permetteranno di sfruttare il riconoscimento vocale in svariati modi, compresi gli ambiti della Smart Home.
Secondo la società di ricerche americana, biometria vocale e Intelligenza Artificiale saranno le due “killer application” che faciliteranno e semplificheranno il livello e le modalità di interazione tra i sistemi della Smart Home e i suoi utenti. Questo non solo da un punto di vista di sicurezza ma anche, rimanendo sul piano dell’experience, nella personalizzazione dei servizi che la Smart Home, attraverso i suoi oggetti intelligenti connessi, garantirà alle persone che la abitano: le nuove tecnologie permetteranno a dispositivi smart di raccogliere dati relativi alle abitudini della famiglia con il vantaggio di poter poi prevedere, personalizzare e configurare contestualmente le preferenze personali di ogni singolo membro della famiglia (che ovviamente ha un timbro vocale unico) in situazioni specifiche (luci soffuse al risveglio per Mario, temperatura di un certo grado in bagno per Lisa, piena luce in cucina per Andrea, ecc.).
Un futuro che non è poi così lontano e di cui inizieremo a vedere alcune applicazioni già nel corso del 2018.
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