I dati proprietari cambieranno le logiche delle strategie di marketing. Quale direzione prendere per non restare indietro
Da quando nel 2009 Tim Berners Lee professava dal palco del TED Talks la libera circolazione dei dati sul world wide web, da lui stesso inventato vent’anni prima, il mondo digitale ha vissuto un’evoluzione rapida e senza sosta.
Nei 12 anni trascorsi si è passati dall’invitare gli utenti a condividere i propri dati sul web a disciplinare il trattamento con una regolamentazione apposita come il GDPR del 2016. Gli utenti nel frattempo hanno acquisito coscienza sull’importanza dei propri dati online e di conseguenza hanno sviluppato delle resistenze nel condividerli, preoccupandosi dell’utilizzo che le aziende ne fanno, consapevoli del valore che il dato può rappresentare e generare.
Questo ha portato le aziende ad affrontare la tematica in modo strutturato, per mantenere l’accesso ai dati dei consumatori, sempre più di profondità e senza il filtro di terze parti. Questa necessità è valida adesso e nel prossimo futuro più che mai, visto lo scenario che si appresta a delinearsi con la diminuzione dei cookies di terze parti. Browser come Apple Safari e Mozilla Firefox li hanno già eliminati e Google ha annunciato che entro la fine del 2023 anche Chrome si allineerà ai competitor, ponendo fine di fatto ad un’epoca in cui la profilazione cross-site ha dominato la scena della targetizzazione degli utenti.
Chiaro è che, pur scomparendo i cookies, non spariranno i dati di terze parti che rimarranno a disposizione delle aziende secondo i termini dei regolamenti vigenti. Rappresenteranno però informazioni sempre più marginali in un’ottica di aumento del dettaglio e della profondità di analisi che saranno necessari per rendere l’esperienza utente realmente customer-centric.
Durante il periodo della pandemia di Covid-19, la presenza di consumatori online ha portato un incremento complessivo del traffico su internet tra il 50% e il 70%. Con l’aumento dell’utilizzo del web è cresciuta anche la consapevolezza dei consumatori che sono diventati più esigenti e alla ricerca di esperienze maggiormente personalizzate.
Questa nuova coscienza degli utenti, sempre più rappresentati da giovani nativi digitali e da fruitori attenti e sensibili alle tematiche concernenti la privacy online, insieme alle regolamentazioni che nel tempo si sono rese necessarie, ha portato ad un mondo privacy-first, in cui la finalità del trattamento dei dati ha acquisito un ruolo centrale nel definire l’attitudine alla fruizione di contenuti e servizi dei consumatori sul web.
Uno studio di Boston Consulting Group mette in luce come il 78% dei consumatori online ha più probabilità di convertire in acquisto un’esperienza digitale personalizzata, ma allo stesso modo l’80% di loro ha bisogno di provare un senso di fiducia verso il venditore che tratterà i suoi dati. Per questo motivo, alla base del processo di digitalizzazione delle aziende la trasparenza dovrà essere la base per la costruzione di uno scambio di valore regolare e continuativo.
Per instaurare un rapporto basato sulla fiducia con il consumatore, le aziende dovranno quindi seguire due principali direttive richieste dai consumatori: la trasparenza e la personalizzazione. In questo scenario, l’utilizzo dei first-party data è un prezioso supporto per la definizione della strategia di marketing aziendale in quanto le aziende possono garantire il controllo e l’utilizzo dei dati e possono sfruttare il vantaggio di avere informazioni di proprietà, rilevanti ed accurate, utili nel processo di personalizzazione dell’esperienza.
I first-party data o dati proprietari, sono dati di profondità che un’azienda raccoglie direttamente dai propri clienti, tramite touchpoint online o fisici, al fine di migliorare la profilazione degli utenti per fornire un servizio personalizzato, liberandosi dalla necessità di ricorrere a dati provenienti da altre parti.
Si tratta di dati demografici e comportamentali che l’azienda può estrarre da asset proprietari come applicazioni mobile, sito web, CRM, punti vendita fisici e digitali e database di contatti interni. I dati provenienti dai vari touchpoint possono quindi essere utilizzati per creare annunci, contenuti ed esperienze che soddisfino gli interessi del singolo consumatore e dai quali è possibile trarre dei vantaggi in termini di pubblicità, engagement, fiducia e misurazione.
Attraverso l’utilizzo dei first-party data è quindi possibile tracciare nel dettaglio i profili personali ed offrire agli utenti esattamente quello che cercano, siano esse informazioni esclusive, contenuti di alta qualità, assistenza rapida o offerte speciali, incentivando a condividere informazioni e tenere viva la una relazione di valore e fiducia reciproca tra azienda e consumatore. Si stima infatti che un’esperienza personalizzata basata sull’utilizzo dei first-party data produca tassi di soddisfazione del cliente superiori del 20% con un aumento del 10-15% nei tassi di conversione delle vendite.
All’interno dello scenario nel quale i first-party data rappresenteranno la primaria e più dettagliata fonte di informazioni per la definizione delle strategie aziendali, si inserisce l’importanza delle piattaforme proprietarie.
Se lo scambio continuo di dati è uno dei punti cardine della strategia volta alla personalizzazione totale della customer journey degli utenti, è altrettanto importante per l’azienda avere la possibilità di gestire in autonomia la piattaforma sulla quale questo scambio avviene. Dotarsi di piattaforme proprietarie permette alle aziende di entrare in contatto diretto con i propri clienti, interagendo con loro e tracciandone i comportamenti che abilitano il processo predittivo alla base della customizzazione dell’esperienza dell’utente.
Una piattaforma proprietaria ha inoltre il vantaggio dal punto di vista tecnico di poter creare un unico data warehouse, ovvero un database centralizzato che raccolga dati derivanti da tutte le fonti proprietarie aziendali preventivamente mappate. Per estrarre valore dai dati e trasformarli in insights e azioni volte all’incremento dei KPI, tecnologie avanzate come l’artificial intelligence e il machine learning sono in grado di verificare e sintetizzare i dati calcolando in tempo reale le possibili correlazioni fra tutte le informazioni, per restituire profili di identità digitali perfettamente dettagliati.
Questo viaggio a più tappe che i first-party data svolgono permette una maggiore granularità dei dati che potranno essere analizzati con maggiore dettaglio, dando la possibilità di segmentare i target ai quali ci si rivolge con personalizzazioni che possono arrivare alla creazione di customer experience percepite come tailor-made da ciascun cliente.
Lo scenario descritto mette in luce dei tratti del consumatore dell’era cookieless che sembrano collidere, dove il desiderio di ricevere un’esperienza iper personalizzata si contrappone alla crescente resistenza a fornire i propri dati.
I first-party data e le piattaforme proprietarie vengono però in soccorso dando alle aziende l’opportunità di accontentare entrambi i need degli utenti, garantendo la customizzazione dell’esperienza e assicurando il trattamento dei dati secondo il principio della trasparenza.
Il mondo cookieless è il nuovo terreno di sfida digitale e come ogni minaccia allo status quo nasconde l’opportunità di abbracciare un nuovo paradigma nel rapporto con i fan e i clienti, in cui le aziende possono costruire fiducia e creare valore non solo fornendo prodotti in linea con le aspettative, ma posizionandosi come custodi fidati di un bene di cui solo ora gli utenti iniziano a percepire il valore: i dati.